In Germania c’è una narrazione ufficiale, quella del governo e di gran parte dei media: bisogna stringere la cinghia, tagliare un welfare diventato insostenibile e usare il pugno di ferro contro i “fannulloni” che preferiscono il sussidio al lavoro. E poi c’è la contro-narrazione, tagliente e documentata, che la politica tedesca Sahra Wagenknecht ha affidato a un recente intervento sul suo canale YouTube, un’analisi che smonta pezzo per pezzo il castello di carte del racconto governativo. La sua tesi è sconvolgente nella sua semplicità: il nemico pubblico, il “parassita sociale”, è stato creato ad arte per nascondere il vero bersaglio di questa riforma. Un bersaglio che non vive ai margini della società, ma ne costituisce la spina dorsale: la classe media lavoratrice.
Per capire la portata di questo attacco, Wagenknecht ci invita a metterci nei panni di una persona qualunque. Chiamiamolo Markus, un tecnico specializzato di 48 anni. Lavora da quando ne aveva venti in una storica azienda dell’indotto automobilistico. Ha una famiglia, un mutuo quasi estinto, e quel piccolo gruzzolo di risparmi messo da parte con fatica, pensando al futuro dei figli e a una vecchiaia serena. Non è ricco, ma è il pilastro di quella classe media che ha reso la Germania un motore economico. Ha sempre pagato le tasse e versato i contributi. Poi, un giorno, arriva la lettera. Ristrutturazione. Crisi energetica. Competitività. Il suo posto di lavoro non esiste più. Dopo poco più di un anno, la rete di sicurezza che credeva solida si strappa. E si accorge, con amara lucidità, che la guerra dello Stato non era contro i “fannulloni” del telegiornale. Era contro di lui.

Il Crollo dell’Illusione: Quando la Rete di Sicurezza si Strappa Sotto i Tuoi Piedi
Nel suo intervento, Sahra Wagenknecht punta il dito contro due cambiamenti specifici, apparentemente tecnici, ma dalle conseguenze devastanti. Il primo è la cancellazione del cosiddetto Karenzzeit, il “periodo di grazia”. Fino a ieri, chi perdeva il lavoro e finiva nel sistema del Bürgergeld (il reddito di cittadinanza) aveva un anno di tempo durante il quale i costi della sua abitazione venivano coperti senza una verifica di “adeguatezza”. Un anno per riorganizzarsi, per cercare un nuovo impiego senza l’ansia immediata di dover vendere la casa o traslocare in un monolocale in periferia.
Ora, questa parentesi di ossigeno svanisce. Dal primo giorno, se il tuo affitto è ritenuto troppo alto rispetto ai nuovi, rigidi standard, devi coprire la differenza con il sussidio di base. Un sussidio che basta a malapena per vivere. Immagina di dover scegliere tra pagare l’affitto della casa dove i tuoi figli sono cresciuti e fare la spesa per tutta la settimana. Questa non è un’ipotesi, è la nuova realtà per migliaia di persone.
Il secondo colpo, ancora più duro, riguarda i risparmi. Hai passato una vita a essere una “formica”? Quel gruzzolo di 20.000 o 30.000 euro, frutto di sacrifici e straordinari, diventa il tuo peggior nemico. La riforma cancella le tutele transitorie: ogni euro sopra una franchigia minima (attualmente circa 10.000 euro) deve essere consumato prima di poter ricevere un centesimo di aiuto. Ciò significa, e Wagenknecht lo dice senza mezzi termini, che lo Stato ti costringe a diventare povero, a polverizzare il lavoro di una vita, prima di tenderti una mano. È la fine della protezione per chi ha sempre lavorato e contribuito, la negazione stessa del principio di sicurezza sociale.

Il Mito del “Fannullone” sul Divano: Una Narrazione Smentita dai Numeri
Come si giustifica politicamente un’operazione così brutale? Semplice: costruendo un nemico pubblico. Il “fannullone” o Faulpelz, per usare il termine tedesco. La narrazione è potente: ci sono milioni di persone che potrebbero lavorare ma non vogliono, e noi stiamo spendendo troppo per mantenerle. È una storia che funziona, perché fa leva sulla frustrazione di chi lavora sodo. Ma, come sottolinea Wagenknecht nella sua analisi, è una storia palesemente falsa.
Citando i dati dell’Agenzia Federale del Lavoro, spiega che i cosiddetti “obiettori totali”, quelli che rifiutano sistematicamente ogni contatto con i centri per l’impiego, sono circa lo 0,4% dei beneficiari. Non milioni, non centinaia di migliaia. Circa 16.000 persone su quasi 4 milioni. Una goccia nell’oceano. Certo, ci sono anche persone che saltano gli appuntamenti, ma spesso dietro a questi comportamenti non c’è la pigrizia, ma un abisso di problemi personali: depressione, dipendenze, debiti schiaccianti, persone spezzate dalla vita che non riescono più a rimettersi in piedi. Davvero pensiamo che tagliargli i fondi per il cibo li trasformerà magicamente in lavoratori modello? O li spingerà semplicemente verso la disperazione, l’emarginazione e la criminalità?
La verità, secondo l’analisi di Wagenknecht, è che una minoranza infinitesimale viene usata come pretesto per approvare misure che colpiranno la stragrande maggioranza delle persone in difficoltà, inclusi i futuri disoccupati della classe media come il nostro Markus. È una strategia politica classica: dividere per governare, mettere i penultimi contro gli ultimi per non dover toccare i privilegi dei primi.

Oltre la Pigrizia: Il Vero Problema che Nessuno Vuole Vedere
Se il problema non è la volontà di lavorare, allora qual è? La risposta che emerge dal video è scomoda, perché mette in discussione le fondamenta del sistema. Oltre il 60% di chi riceve il Bürgergeld non ha una qualifica professionale completa. Non sono ingegneri o avvocati che preferiscono il sussidio a uno stipendio. Sono persone a cui mancano le competenze di base, spesso perché il sistema scolastico li ha abbandonati anni prima. Persone che faticano a scrivere due frasi senza errori o che non padroneggiano le operazioni matematiche elementari.
E cosa fa la nuova riforma? Invece di investire massicciamente nella formazione e nella riqualificazione, inverte la rotta: la “mediazione al lavoro” ha la priorità sulla “formazione”. Sembra logico, ma è una trappola. Significa spingere queste persone verso lavori precari, mal pagati e senza prospettive, pur di toglierle dalle statistiche della disoccupazione. Si rinuncia all’idea di dare loro una vera qualifica, una vera possibilità di riscatto. Si sceglie la via più breve, che però crea un circolo vizioso di povertà e dipendenza. Non è un problema di volontà, ma di competenze. E invece di risolverlo, si sceglie di punirlo.

Da Assicurazione a Elemosina: La Silenziosa Metamorfosi dello Stato Sociale
C’è un cambiamento culturale, quasi filosofico, dietro queste riforme, che Wagenknecht descrive come un tradimento del patto sociale. È la transizione da un modello assicurativo a un modello puramente assistenziale. Un tempo, il sistema di welfare si basava su un’idea chiara: tu versi i contributi in base al tuo reddito e, se cadi, ricevi un sostegno proporzionato a quanto hai versato, che ti permette di mantenere un tenore di vita dignitoso. Era un’assicurazione contro i rovesci della vita.
Oggi, questo patto è stato distrutto. Non importa se hai lavorato per 45 anni o se non hai mai versato un euro di contributi. Dopo un breve periodo, la caduta è la stessa per tutti: un sussidio minimo, un’elemosina che ti etichetta come “povero” e ti tratta di conseguenza. Lo stesso sta accadendo con le pensioni, dove la differenza tra chi ha una vita di lavoro alle spalle e chi no si assottiglia sempre di più. L’ex cancelliere Helmut Schmidt definì lo Stato Sociale “il patrimonio della gente comune”. Oggi, come denuncia Wagenknecht, questo patrimonio viene saccheggiato, pezzo dopo pezzo, da una classe politica che sembra voler convincere i cittadini che non se lo possono più permettere.

Segui i Soldi: Chi Paga e Chi Guadagna Davvero da Questa Crisi?
La narrazione di uno “Stato Sociale esploso” e “insostenibile” è un altro pilastro della propaganda che l’intervento di Wagenknecht smonta con i dati. Negli ultimi 20 anni, la spesa tedesca per disoccupazione e assistenza sociale, in rapporto al Prodotto Interno Lordo, è rimasta incredibilmente stabile: era il 3,6% nel 2004, è il 3,6% oggi. Nessuna esplosione.
Ciò che è cambiato è come vengono spesi questi soldi. E soprattutto, perché la spesa nominale è aumentata. Non è perché i beneficiari vivono nel lusso. È perché sono esplosi i costi dell’energia e degli affitti. Queste spese, coperte in parte dal sussidio, non arricchiscono chi lo riceve. Sono un trasferimento diretto di denaro pubblico nelle tasche delle grandi compagnie energetiche e dei proprietari immobiliari. I costi non sono ‘sociali’ nel senso che migliorano la vita dei poveri, ma finiscono per alimentare rendite e profitti di lobby potentissime. A questo si aggiunge l’impatto della politica migratoria degli ultimi anni, che ha visto la percentuale di beneficiari senza passaporto tedesco passare dal 15% a quasi il 50%, aumentando la platea di persone che necessitano di sostegno.
La domanda, quindi, sorge spontanea: se si voleva davvero risparmiare, non sarebbe stato più logico intervenire sulle cause reali dei costi, come la speculazione immobiliare o le politiche energetiche fallimentari? La risposta è ovvia. Ma è politicamente più facile e redditizio dichiarare guerra ai poveri che alle lobby.

La Domanda che Resta: Chi Sarà il Prossimo?
L’analisi di Sahra Wagenknecht non è solo una critica alla politica tedesca. È un monito per tutta l’Europa. È il racconto di come la sicurezza economica, un tempo considerata un diritto acquisito per la classe lavoratrice, stia diventando un privilegio per pochi. La narrazione che colpevolizza l’individuo per fallimenti che sono sistemici è uno strumento potente per giustificare l’ingiustificabile.
Oggi tocca al tecnico specializzato tedesco. Domani a chi toccherà? La vera domanda che dovremmo porci non è “come facciamo a punire i fannulloni?”, ma “stiamo costruendo una società in cui chiunque, dopo una vita di lavoro, può perdere tutto in un attimo?”.
È questo il futuro che vogliamo per le nostre economie? Qual è il vero scopo di uno Stato Sociale: punire la sfortuna o creare le condizioni perché tutti possano rialzarsi? Forse, prima di puntare il dito contro chi è già a terra, dovremmo guardare chi, dall’alto, sta segando le fondamenta della nostra casa comune.

