thomas meyer

La seconda economia dell’Eurozona è tecnicamente insolvente. Non si tratta di un’esagerazione giornalistica, ma di una cruda realtà finanziaria che si nasconde dietro la facciata di una delle nazioni più potenti e culturalmente influenti del mondo. Mentre il dibattito pubblico si concentra sulle crisi immediate, una voragine si sta allargando silenziosamente sotto i piedi di Parigi, una crisi del debito così profonda da minacciare di trascinare con sé l’intero progetto europeo. Cosa succede quando un modello di stato sociale, un tempo invidiato, si rivela un castello di carte costruito sul debito? E se la via d’uscita non si trovasse nei manuali di economia, ma in un rischiosissimo azzardo geopolitico che lega la finanza all’arma più potente del pianeta?

Questa non è un’ipotesi da catastrofisti, ma la fredda diagnosi che emerge dalla sferzante analisi dell’economista Thomas Mayer, pubblicata sulla rivista Cicero. Secondo Mayer, la Francia è prigioniera di una condizione che dura da oltre cinquant’anni: non un singolo bilancio in pareggio. Un’abitudine alla spesa a credito che è diventata una vera e propria “dipendenza” nazionale, utilizzata per finanziare tutto, dai servizi pubblici alle pensioni. Il risultato è un debito pubblico che ha superato il 113% del PIL, quasi il doppio di quello tedesco, e un declassamento da parte di Fitch che ha solo certificato una malattia cronica. L’ex Primo Ministro François Bayrou, poco prima della sua caduta, ha descritto la situazione come una “emorragia silenziosa e insopportabile”, dove tutta la ricchezza creata in un anno viene divorata dal pagamento degli interessi ai creditori.

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Il Gigante dai Piedi d’Argilla: Radiografia del Debito Francese

Per comprendere la magnitudine del problema, dobbiamo andare oltre le cifre percentuali e capire cosa significano nella vita reale. Significa che un’intera nazione vive strutturalmente al di sopra delle proprie possibilità. E il problema non è confinato allo Stato. L’analisi mostra come anche il settore privato francese—famiglie, imprese e istituzioni finanziarie—sia significativamente più indebitato rispetto ai suoi vicini, come la Germania. Si è creato un intero ecosistema economico che dipende dal flusso costante di nuovo debito per sostenersi, un meccanismo che funziona finché i tassi di interesse restano bassi e la fiducia dei mercati alta. Ma ora, entrambi questi pilastri stanno vacillando.

La fragilità del sistema è tale che qualsiasi shock esterno o interno può innescare una crisi di fiducia. Non si tratta più di una questione di “se”, ma di “quando”. Si discute molto online e sui media specializzati su quale sarà la scintilla: un’altra crisi energetica? Un rallentamento economico globale più forte del previsto? O la semplice constatazione da parte degli investitori che il re è nudo e che la capacità della Francia di ripagare i suoi debiti è seriamente compromessa? Il punto è che la sostenibilità del debito francese non è più un dato di fatto, ma un atto di fede.

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Quando la Politica si Arrende: Cronaca di un’Ingovernabilità Annunciata

Come si è arrivati a questo punto? La risposta, dolorosa ma onesta, risiede in una completa paralisi politica. La Francia si è trasformata in un Paese essenzialmente irriformabile. Ogni governo che ha tentato di introdurre misure, anche modeste, di contenimento della spesa pubblica si è scontrato con un muro di gomma fatto di proteste di piazza, scioperi paralizzanti e veti incrociati in un Parlamento frammentato. La caduta del governo Bayrou, sacrificato sull’altare di un piano di risparmi da 44 miliardi di euro, è solo l’ultimo capitolo di questa saga di impotenza.

Il Presidente Emmanuel Macron si trova in una posizione impossibile, stretto tra la necessità di rassicurare i mercati con riforme strutturali e l’impossibilità politica di attuarle. La nomina di un nuovo premier, il terzo in poco più di un anno, è percepita più come un tentativo di prendere tempo che come una soluzione strategica. La Francia sembra prigioniera del suo stesso mito, quello di un welfare generoso e universale che nessuno ha il coraggio di dichiarare finanziariamente defunto. La popolazione si oppone con tenacia a qualsiasi riduzione dei benefici acquisiti, e la classe politica, priva di una maggioranza stabile, non ha la forza di imporre una cura che sa essere indispensabile ma politicamente suicida.

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Perché la Francia è “Too Big to Save”: L’Impotenza degli Strumenti Europei

Durante la crisi dei debiti sovrani di un decennio fa, l’Europa ha creato meccanismi di salvataggio per nazioni come Grecia e Portogallo. Ma la Francia non è la Grecia. Il suo mercato del debito, insieme a quello italiano, è uno dei più grandi del mondo. È, semplicemente, troppo grande per essere salvata (“too big to save”) con gli strumenti convenzionali. Un salvataggio richiederebbe risorse che l’Eurozona non possiede.

Inoltre, è politicamente inimmaginabile che Parigi possa accettare le condizioni di un programma di aiuti esterno, percepito come un “diktat” di Bruxelles o Berlino. L’orgoglio nazionale e il suo peso politico lo impedirebbero. Anche gli strumenti più sofisticati della Banca Centrale Europea, come lo scudo anti-spread noto come TPI (Transmission Protection Instrument), sono inapplicabili. Le sue stesse regole richiedono finanze pubbliche sane e assenza di squilibri macroeconomici, ovvero l’esatto opposto della situazione francese. Attivare il TPI per la Francia significherebbe stracciare le regole del gioco, distruggendo la credibilità della BCE e ammettendo che le leggi valgono per i piccoli ma non per i grandi. La cassetta degli attrezzi europea, di fronte al paziente francese, è drammaticamente vuota.

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L’Opzione Nucleare: il Patto Segreto tra Eurobond e Force de Frappe

Ed è qui che l’analisi di Thomas Mayer si spinge verso uno scenario che trascende l’economia per entrare nel regno della grande strategia geopolitica. Se tutte le vie d’uscita convenzionali sono sbarrate, se ne deve esplorare una non convenzionale. Questa via si chiama mutualizzazione del debito su vasta scala tramite gli Eurobond. Il tabù è stato rotto con il NextGenerationEU, giustificato dalla pandemia. Ora, la nuova grande narrazione per giustificare un passo simile potrebbe essere la difesa comune europea di fronte alle crescenti minacce globali.

In questo scenario, la Francia potrebbe “esternalizzare” parte delle sue colossali spese per la difesa, finanziandole con debito garantito da tutti i partner dell’Eurozona. Ma perché la Germania, la nazione del rigore, dovrebbe accettare di condividere il fardello di un partner così fiscalmente indisciplinato? La risposta, secondo Mayer, risiede nell’unica, potentissima merce di scambio che Parigi possiede: la Force de Frappe, il suo arsenale nucleare. Con la garanzia di sicurezza americana sempre più incerta, l’ombrello nucleare francese diventa un asset strategico di valore incalcolabile. L’ipotesi è quella di un patto non scritto, un grande baratto: la Germania approva gli Eurobond per salvare la Francia dal collasso finanziario, e in cambio Parigi estende il suo scudo atomico a protezione di Berlino.

Manifesto SPD per la pace con la Russia

Comprare Tempo a Debito: Qual è il Prezzo per il Futuro dell’Euro?

Un simile accordo, per quanto politicamente astuto, non risolverebbe i problemi strutturali della Francia. Sarebbe un gigantesco calcio al barattolo, una mossa per comprare tempo. Permetterebbe a Parigi di evitare riforme dolorose e alla Germania di acquisire una profondità strategica che non ha mai avuto dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Ma sarebbe come curare una malattia cronica con dosi massicce di morfina: si maschera il dolore, ma l’organismo continua a deteriorarsi.

Staremmo comprando tempo, ma lo staremmo comprando a debito, ipotecando la credibilità futura dell’euro. Cosa succederebbe alla fiducia nella moneta unica quando i mercati globali capiranno che la sua stabilità non poggia più sulla disciplina fiscale tedesca, ma su un delicato e opaco equilibrio del terrore? L’analisi di Mayer è pessimistica: prima o poi, la corda si spezzerà. La fiducia crollerà, il valore dell’euro si deprezzerà, e l’inflazione tornerà a farsi sentire. L’unione monetaria può forse posticipare il giorno del giudizio, ma non può cancellarlo.

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Thomas Mayer

Il Giorno della Resa dei Conti: una Domanda Aperta per il Nostro Futuro

La crisi del debito francese smette così di essere un problema tecnico per economisti e diventa una questione esistenziale per ogni cittadino europeo. Ci costringe a interrogarci sulla vera natura della nostra Unione. Qual è il limite della solidarietà finanziaria? Siamo disposti a scambiare la condivisione del debito con la condivisione della sicurezza militare? E che cosa significa davvero sovranità nazionale in un mondo dove la finanza di un Paese e la difesa di un altro sono così fatalmente interconnesse?

La crepa che si sta allargando sotto Parigi non minaccia solo un Paese, ma l’intero edificio europeo. Ci pone di fronte alla domanda più difficile di tutte: siamo pronti a pagare il prezzo, qualunque esso sia, per tenere insieme il nostro progetto comune, o stiamo semplicemente assistendo, impotenti, al prologo del suo inevitabile smantellamento?

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