rapporti francia germania

Parigi, 7 maggio 2025. L’aria nella capitale francese è carica di un’elettricità che va oltre il consueto brusio metropolitano. Non è solo l’arrivo della primavera, ma l’eco dei passi del nuovo Cancelliere tedesco, Friedrich Merz, giunto oggi per il suo primo, cruciale incontro con il Presidente Emmanuel Macron. Un viaggio che non è una semplice formalità diplomatica, ma un vero e proprio termometro per misurare la febbre dei rapporti franco-tedeschi, da sempre cuore pulsante – e talvolta dolente – dell’Unione Europea. Dopo mesi, se non anni, di una danza complessa, fatta di abbracci formali e sgambetti sotto il tavolo, la domanda che aleggia nei corridoi dell’Eliseo e del Reichstag è una sola: siamo di fronte a una possibile rinascita del leggendario “motore” europeo, o l’ennesimo capitolo di una rivalità travestita da alleanza?  

Le aspettative sono stelle cadenti in una notte di desideri. Macron, con il suo piglio napoleonico e la sua visione di una “sovranità europea” forte e assertiva, non ha mai nascosto l’impazienza di trovare in Berlino una sponda solida, un partner con cui riscrivere le regole del gioco in un continente alle prese con sfide epocali. Merz, dal canto suo, ha annunciato l’intenzione di voler “migliorare” queste relazioni, consapevole che una cooperazione franco-tedesca rafforzata è imprescindibile per conferire all’UE una posizione di forza, soprattutto nelle crescenti tensioni con gli Stati Uniti, guidati da un Donald Trump che non fa sconti a nessuno. Ma le parole, si sa, volano, mentre i fatti, spesso scomodi, restano. E i fatti degli ultimi tempi raccontano una storia di interessi divergenti, di una Germania che, con pragmatismo teutonico, ha più volte privilegiato la propria agenda industriale e strategica, lasciando l’alleato francese a fare i conti con bocconi amari.  

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Quando Berlino Gioca da Sola: Le Spine della Difesa e dello Spazio

Per comprendere la profondità delle crepe da sanare, bisogna fare un passo indietro, a decisioni che hanno lasciato cicatrici. Pensiamo alla European Sky Shield Initiative (ESSI), lanciata dall’ex Cancelliere Olaf Scholz nell’ottobre 2022. Un progetto ambizioso per creare uno scudo aereo europeo, ma con un dettaglio non trascurabile: l’iniziativa è stata concepita includendo sistemi di difesa tedeschi (come l’IRIS-T), statunitensi (Patriot) e israeliani (Arrow 3), ma escludendo clamorosamente i sistemi missilistici franco-italiani SAMP/T. Una mossa che a Parigi è suonata come uno schiaffo, la conferma di una tendenza tedesca a fare da sé, privilegiando la propria industria bellica. Oggi, ben 23 nazioni europee hanno aderito all’ESSI, mentre Francia e Italia ne sono rimaste significativamente fuori.  

Non è un mistero che, secondo molti analisti francesi, l’ESSI sia servita principalmente da straordinaria vetrina commerciale per il sistema IRIS-T di Diehl Defence. Un sistema che, dopo un avvio incerto nel 2005, grazie al suo impiego nel conflitto ucraino e alla spinta dell’ESSI, è diventato un vero e proprio “best seller”. Diehl, nell’ottobre 2024, annunciava con orgoglio l’ingresso della Bulgaria nella “famiglia degli utenti IRIS-T”, portando il numero a venti. Parallelamente, Hensoldt, che produce i radar per l’IRIS-T, già nel luglio 2024 comunicava contratti per oltre 80 sistemi radar, un successo direttamente collegato all’iniziativa tedesca. E la Francia? La Francia, in questo cruciale risiko della difesa europea, è rimasta in gran parte a guardare, a bocca asciutta. Il tentativo di Parigi di lanciare una contro-iniziativa, che includesse esplicitamente il sistema SAMP/T, non ha avuto il successo sperato, arenandosi di fronte al fronte compatto creato da Berlino.  

Ma le frizioni non si limitano al cielo. Si estendono anche allo spazio, nuovo terreno di confronto strategico ed economico. Il progetto europeo IRIS² (Infrastructure for Resilience, Interconnectivity and Security by Satellite), pensato per dotare l’UE di una propria costellazione satellitare sicura e sovrana, alternativa a sistemi come Starlink di Elon Musk, è un altro esempio emblematico. Un progetto da undici miliardi di euro, che prevede il lancio di circa 300 satelliti entro il 2030, con un ruolo di primo piano per l’industria aerospaziale francese, in particolare attraverso colossi come Thales Alenia Space, accanto a Eutelsat. Eppure, Berlino ha costantemente silurato l’iniziativa, rallentandone lo sviluppo. La motivazione? Ufficialmente, la preoccupazione che la Francia ne traesse benefici sproporzionati a fronte di un minore ritorno per la Germania. La notizia, emersa di recente, che la Germania stia ora pianificando una propria costellazione satellitare nazionale, getta un’ombra ancora più lunga su IRIS². Un eventuale ritiro tedesco dal progetto europeo ne segnerebbe, con ogni probabilità, la fine prematura, infliggendo un altro duro colpo alle ambizioni e all’industria francese. Una strategia, quella tedesca, che sembra privilegiare soluzioni nazionali o “alla carta” piuttosto che abbracciare pienamente progetti autenticamente europei quando questi non coincidono perfettamente con i propri interessi diretti.  

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La Sottile Linea Rossa: Debito, Riarmo e l’Ombra Ucraina

Questa assertività tedesca, questa capacità di perseguire grandi progetti nazionali, trova una spiegazione anche nelle pieghe della finanza e delle regole europee. La Germania, infatti, ha ottenuto – e l’UE ha acconsentito – una doppia flessibilità cruciale: da un lato, l’esenzione dei finanziamenti per progetti di armamento dal rigido “freno al debito” nazionale; dall’altro, la non applicazione delle regole UE sul debito per le spese militari fino all’1,5% del Prodotto Interno Lordo. Un via libera che, di fatto, permette a Berlino di indebitarsi quasi illimitatamente per sostenere il suo imponente piano di riarmo, con l’obiettivo di trasformare la Bundeswehr nella forza armata più potente del continente. Dodici stati membri avevano già chiesto a Bruxelles, entro il termine del 30 aprile, di poter usufruire di questa deroga, e altri quattro erano in procinto di farlo.  

La Francia, al contrario, si trova in una posizione ben diversa. Con un debito pubblico che veleggia intorno al 110% del PIL, ogni ulteriore accensione di prestiti rischia di far schizzare verso l’alto gli spread sui suoi titoli di Stato, evocando lo spettro di una nuova crisi del debito simile a quella che ha scosso l’Eurozona a partire dal 2010. Parigi, dunque, non può sfruttare appieno questa finestra di opportunità per il riarmo, vedendo così la Germania guadagnare terreno in un ambito, quello militare, dove la tradizionale superiorità francese (almeno in termini di proiezione di forza e deterrenza nucleare) rischia di essere erosa. Si delinea quindi uno scenario in cui la divergenza economica e fiscale tra i due paesi si traduce in un potenziale squilibrio strategico all’interno dell’UE.  

Nel frattempo, sul fronte diplomatico più caldo, quello della guerra in Ucraina, la Francia ha saputo ritagliarsi uno spazio di manovra e di leadership che ha, in parte, sorpreso e forse irritato Berlino. Insieme al Regno Unito, Parigi ha preso l’iniziativa nel delineare le strategie europee per un eventuale scenario post-cessate il fuoco, arrivando a discutere apertamente della possibilità di stazionare truppe europee in Ucraina, ufficialmente per garantire una tregua. Le trattative su questi delicati dossier si sono svolte sotto l’egida francese a Parigi e britannica a Londra. L’ex Cancelliere Scholz aveva tentato, a metà novembre, di riprendere in mano le redini della diplomazia con una telefonata al Presidente russo Vladimir Putin, ma l’iniziativa non ha sortito gli effetti sperati. Oggi, il coordinamento con gli Stati Uniti sulla gestione del conflitto ucraino sembra passare più spesso per l’Eliseo o per Downing Street che per la Cancelleria di Berlino. Una situazione particolarmente indigesta per la Germania, che considera storicamente l’Europa orientale come una propria area d’influenza prioritaria.  

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Merz e Macron: Un Nuovo Inizio o Prove Tecniche di Coabitazione Forzata?

Ed è in questo contesto, denso di aspettative e di non detti, che si colloca l’incontro odierno tra Friedrich Merz ed Emmanuel Macron. Merz arriva a Parigi con la promessa di voler “migliorare” i rapporti, un’apertura accolta con palpabile sollievo dall’Eliseo, dove Macron, via X (ex Twitter), ha prontamente teso la mano, sottolineando l’urgenza di “rendere il motore franco-tedesco e la consapevolezza franco-tedesca più forti che mai”. Le parole del Presidente francese tradiscono una speranza, quella di trovare in Merz un “partner stretto”, un “co-pilota” per guidare l’Europa verso quella sovranità e quella capacità di difesa che egli invoca sin dal 2017.  

E Merz, da parte sua, sembra inviare segnali incoraggianti. L’annuncio di una “cooperazione rafforzata con la Francia nella politica di difesa” e la volontà di potenziare il Consiglio di Difesa franco-tedesco, approfondendo le collaborazioni bilaterali sugli armamenti, vanno certamente in questa direzione. Macron ha rincarato la dose, parlando di “accelerare i programmi franco-tedeschi, sviluppare nuove capacità e, oltre a carri armati e aerei da combattimento, istituire un consiglio di difesa e sicurezza franco-tedesco” per dare risposte operative a sfide strategiche comuni. C’è, come nota Johannes Lindner del Jacques Delors Centre, una “convergenza di pensiero” emergente sulla necessità di rafforzare la sovranità europea, un tema su cui Merz ha mostrato maggiore sensibilità rispetto al suo predecessore, indicando una volontà di maggiore indipendenza dagli Stati Uniti.  

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Oltre alla difesa, Parigi si aspetta passi avanti concreti sulla competitività e l’innovazione europea. L’allentamento del freno al debito da parte della nuova coalizione di governo tedesca è visto come un segnale positivo, anche se resta da vedere fino a che punto Merz sarà disposto a far sì che gli investimenti tedeschi abbiano ricadute significative a livello europeo, come chiede la Francia. Anche sul fronte energetico, si ipotizza che Merz possa avere un approccio all’energia nucleare “diverso” da quello del precedente governo, potenzialmente più vicino alle posizioni francesi.  

Un altro fattore che potrebbe giocare a favore di un rilancio è la conoscenza pregressa tra i due leader. Merz e Macron si sono già incontrati più volte e, a quanto pare, esiste una buona intesa personale. Entrambi ambiziosi, desiderosi di lasciare un segno in politica estera e pronti a muoversi con rapidità. Tuttavia, entrambi sono anche leader politicamente “azzoppati” sul fronte interno, il che potrebbe tanto spingerli a cercare successi in ambito europeo quanto limitarne la libertà d’azione. Come sottolinea Lindner, “Merz sa di aver bisogno di Macron per dare alla politica europea la priorità che vuole darle”, e Macron, con Merz al potere, “sa di avere l’opportunità di plasmare di nuovo l’Europa insieme alla Germania”.  

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Oltre le Strette di Mano: Le Sfide Reali per il Futuro dei Rapporti Franco-Tedeschi

Ma al di là dell’ottimismo di facciata e delle dichiarazioni programmatiche, i nodi da sciogliere restano numerosi e complessi. La rivalità industriale Francia-Germania non svanirà con una stretta di mano. Le divergenze sulla politica di difesa, esemplificate dal caso ESSI, e quelle sulla politica spaziale, con l’affaire IRIS², sono sintomatiche di visioni strategiche ed economiche che faticano a trovare una sintesi pienamente condivisa. Ci si attende che il nuovo Cancelliere cerchi di riportare gradualmente Berlino a un ruolo di primo piano nella gestione della crisi ucraina, ponendo fine all’attuale leadership quasi esclusiva franco-britannica. Ma, al momento, non si hanno notizie di concessioni concrete da parte tedesca all’industria della difesa o aerospaziale francese.  

La sfida, dunque, è quella di trasformare la retorica della “coppia franco-tedesca” in una realtà operativa efficace, capace di superare gli egoismi nazionali quando è in gioco l’interesse superiore europeo. Il futuro dell’Unione Europea dipende in larga misura dalla capacità di questi due attori centrali di trovare un terreno comune, non solo nelle grandi dichiarazioni di principio, ma nelle minute decisioni quotidiane che plasmano le politiche comunitarie. Il commento di Theo Koll, esperto di politica per il programma “moma”, riguardo alla gestione del rapporto con Trump – “la doppia strategia francese, con vicinanza emotiva e forti posizioni europee, può essere un modello” – suggerisce che Parigi potrebbe avere qualcosa da insegnare a Berlino in termini di assertività strategica.  

In definitiva, il viaggio di Merz a Parigi è più di un semplice incontro. È un test di volontà politica, una verifica della capacità di due leader, e di due nazioni, di guardare oltre le proprie immediate convenienze per costruire qualcosa di più grande e duraturo. Il rilancio del motore franco-tedesco è oggi più cruciale che mai, in un mondo che non aspetta le titubanze europee. Ma perché questo motore possa davvero ripartire a pieno regime, non basteranno le buone intenzioni. Serviranno compromessi difficili, concessioni reciproche e, soprattutto, la lungimiranza di comprendere che, in un’epoca di giganti geopolitici, la frammentazione è un lusso che né la Francia né la Germania, né tantomeno l’Europa, possono permettersi. La strada è in salita, ma la vetta della sovranità europea e di una rinnovata influenza globale passa, inevitabilmente, per un solido e rinnovato patto tra Parigi e Berlino. Solo il tempo dirà se quello di oggi è stato l’inizio di un amore ritrovato o la semplice, pragmatica gestione di un matrimonio di convenienza sempre più complesso.

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