leva obbligatoria germania

Berlino, fine Maggio 2025. Un’aria tesa, carica di aspettative e di un’inquietudine palpabile, avvolge i corridoi del potere tedesco. La guerra in Ucraina, che continua a infuriare con una brutalità che l’Europa sperava di aver relegato ai libri di storia, ha scosso le fondamenta della politica di sicurezza del continente. E la Germania, il gigante economico, si ritrova a fare i conti con una realtà che per decenni aveva preferito ignorare: la necessità di una difesa credibile, di forze armate pronte e, forse, di un ritorno al concetto di leva obbligatoria. Al centro di questo terremoto politico e sociale c’è un uomo, Boris Pistorius, Ministro della Difesa SPD, la cui determinazione sta ridefinendo il dibattito sulla sicurezza nazionale e, con esso, il futuro di un’intera generazione di giovani tedeschi. La domanda che rimbalza sui media, dalle colonne della ZEIT ONLINE ai notiziari della rbb24, è una: la leva obbligatoria in Germania è destinata a tornare? E se sì, come cambierà il volto del Paese?

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“Non ci si Difende con Scuola e Welfare”: la Frase che ha Infiammato la Germania

Mit Sozialleistungen und mit Bildung lässt sich dieses Land nicht verteidigen” (Questo Paese non si difende con le prestazioni sociali e con l’istruzione). Poche parole, pronunciate da Boris Pistorius a metà maggio e riportate con grande enfasi dalla ZEIT ONLINE, sono bastate per scatenare una tempesta. Un’affermazione brutale, diretta, che ha il sapore di una provocazione ma che, nelle intenzioni del Ministro, vuole essere un crudo richiamo alla realtà. Pistorius non usa mezzi termini: di fronte a una Russia che pone “condizioni totalmente inaccettabili” per una tregua in Ucraina, la Germania deve poter contare su una deterrenza militare robusta. La diplomazia, sostiene, si può esercitare solo da una posizione di forza, e questa forza si costruisce con investimenti massicci nella difesa, anche a costo di rivedere altre priorità di bilancio.

La reazione non si è fatta attendere. Come un fiume in piena, i commenti sui portali di notizie tedeschi hanno espresso sconcerto, rabbia, ma anche un certo grado di comprensione. “Un socialdemocratico non dovrebbe contrapporre spese sociali e istruzione a quelle per il riarmo,” tuonava un lettore della ZEIT, raccogliendo centinaia di consensi. Altri, pur riconoscendo la necessità di un esercito efficiente, hanno suggerito di trovare i fondi altrove, magari tagliando sussidi dannosi per il clima o tassando maggiormente i ricchi. C’è chi ha visto nelle parole del Ministro una “carenza di istruzione”, arrivando a insinuare che “le persone stupide si mandano più facilmente in guerra”. E poi, la domanda fondamentale, sollevata da più parti: “cosa difendiamo, se non la nostra cultura, i nostri valori, il nostro stato sociale? Senza istruzione, un esercito ben armato rischia di cadere preda dei demagoghi.”

Pistorius, dal canto suo, tira dritto, ricordando come anche figure storiche della SPD, quali Willy Brandt ed Helmut Schmidt, avessero puntato sulla deterrenza per prevenire i conflitti. La sua linea è chiara: l’obiettivo è quello di mettere gli stati membri della NATO in condizione di non arrivare mai a un conflitto, e per farlo, la Bundeswehr deve essere “abschreckungsfähig”, capace di deterrenza, e pronta a resistere qualora la deterrenza fallisse.

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Il “Modello Svedese”: la Leva Obbligatoria in Germania Torna, ma con un Volto Nuovo?

La discussione sulla leva obbligatoria in Germania non è nuova, ma ha ricevuto un’accelerazione impressionante. Sospesa nel 2011, la Wehrpflicht è ora al centro di un piano che la coalizione di governo tra Unione (CDU/CSU) e SPD sta definendo, guardando con interesse al cosiddetto “modello svedese“. Come riportato sempre dalla ZEIT ONLINE a fine maggio, il Ministro Pistorius e l’Ispettore Generale della Bundeswehr, Carsten Breuer, non escludono affatto un ritorno all’obbligo, seppur con modalità diverse dal passato.

“Inizialmente puntiamo sulla volontarietà,” ha dichiarato Pistorius, “ma se dovesse arrivare il momento in cui avremo più capacità a disposizione che adesioni volontarie, allora si potrà decidere per l’arruolamento obbligatorio.” Parole che suonano come un avvertimento, ma anche come una pragmatica presa d’atto delle difficoltà. La Bundeswehr, l’esercito tedesco, ha un obiettivo ambizioso: passare dagli attuali circa 181.000 soldati attivi (più circa 10.000 volontari che svolgono un servizio di base) ai 203.000 necessari entro il 2031, senza contare la riserva. Un traguardo che, nonostante un recente aumento del 20% nelle assunzioni nel primo trimestre del 2025, appare arduo da raggiungere con la sola base volontaria.

Il “modello svedese”, già operativo in Svezia dal 2017, prevede l’invio di un questionario online a tutti i diciottenni (in Germania, secondo le attuali discussioni, obbligatorio per i ragazzi e volontario per le ragazze) per sondare motivazioni, capacità e interessi. Sulla base delle risposte, una parte dei giovani verrebbe convocata per la visita di leva (Musterung), e l’esercito procederebbe poi a contattare in modo mirato i profili ritenuti più idonei. Formalmente, si tratterebbe di una leva obbligatoria, ma nella pratica la selezione si concentrerebbe sui più motivati e capaci, con l’obiettivo primario di formare riservisti addestrati da richiamare per esercitazioni periodiche. L’ex Commissaria parlamentare per le forze armate, Eva Högl (SPD), è stata ancora più esplicita: “Se l’aumento degli effettivi con la volontarietà avrà successo, tanto meglio. Ma se non dovesse bastare, servirà una forma di obbligo.”

Questo approccio “soft” alla leva obbligatoria in Germania cerca di bilanciare le esigenze di sicurezza con le sensibilità di una società che per oltre un decennio si è abituata all’assenza della coscrizione. Tuttavia, le perplessità rimangono. Alcuni commentatori sui media tedeschi sollevano la questione della Wehrgerechtigkeit, l’equità della leva: come garantire che la selezione sia giusta e non discrimini? E come evitare che i giovani coscritti, magari con un addestramento forzatamente breve, finiscano per essere considerati semplice “carne da cannone” in uno scenario di conflitto moderno, sempre più tecnologico e meno basato sui grandi numeri della fanteria tradizionale? Un utente della ZEIT ha fatto notare come “la guerra moderna si combatterebbe contro le infrastrutture, non nelle trincee”, mettendo in dubbio l’utilità di coscritti poco addestrati.

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Cartoline ai Minorenni: il Reclutamento Aggressivo della Bundeswehr

Mentre il dibattito politico sulla leva obbligatoria in Germania infuria, la Bundeswehr non sta certo a guardare. Consapevole della cronica carenza di personale, ha intensificato le sue campagne di reclutamento, spingendosi fino a contattare direttamente i minorenni. La rbb24, l’emittente radiotelevisiva di Berlino-Brandeburgo, ha dedicato un approfondimento a fine maggio a una pratica che sta facendo discutere: l’invio di cartoline personalizzate a migliaia di ragazzi e ragazze di 16 e 17 anni.

“Vuoi sapere quali opportunità e prospettive ti offre la Bundeswehr?” Con questo incipit, le cartoline invitano i giovani a un evento informativo chiamato “Talent Scout 2025”, promettendo una “VIP-Experience”, “esperienze esclusive” e un “backstage-tour” per scoprire “da vicino” l’equipaggiamento più moderno. Secondo il Ministero della Difesa, nel 2025 sono state spedite circa 650.000 di queste lettere, un’azione che si ripete dal 2011, anno della sospensione della leva. Il costo? Circa 340.000 euro, ma, precisa il ministero, nessun pagamento è stato effettuato alle anagrafi per la fornitura dei dati.

La base legale c’è: il paragrafo 58c della Legge sui Soldati (Soldatengesetz) permette alle anagrafi di trasmettere nomi, cognomi e indirizzi dei giovani che compiranno 18 anni l’anno successivo. Ciò significa che anche molti sedicenni finiscono per ricevere la posta della Bundeswehr. E non è tutto: in Germania è possibile arruolarsi come soldato a tempo determinato già a 17 anni, con il consenso dei genitori. Nel 2024, ben 2.203 diciassettenni hanno intrapreso questa strada, costituendo circa il 10% delle nuove reclute. Il Ministero assicura che i minorenni non svolgono servizio armato se non in addestramento strettamente supervisionato.

Le critiche a queste strategie di reclutamento sono feroci. Michael Schulze von Glaßer, portavoce dell’alleanza “Unter 18 nie!” (Sotto i 18 mai!), le definisce “parzialmente senza scrupoli”. “Si dovrebbe essere maggiorenni per poter anche solo pensare di entrare nell’esercito,” ha dichiarato alla rbb24, sottolineando come i giovani abbiano un rischio maggiore di subire traumi. La pubblicità, secondo i critici, vende un’immagine edulcorata di avventura e tecnologia, omettendo i pericoli reali, la possibilità di dover sparare su altre persone, le cicatrici psicologiche che la guerra lascia. Diversi genitori si sono detti indignati, raccontando di figli “un po’ scioccati” nel ricevere queste missive.

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Un Paese Diviso: Priorità, Paure e il Peso della Storia

Il dibattito sulla leva obbligatoria in Germania e, più in generale, sul riarmo e sulla postura difensiva del Paese, sta spaccando l’opinione pubblica. Le reazioni raccolte dalla stampa tedesca dipingono un quadro complesso, dove si mescolano senso del dovere, preoccupazioni economiche, pacifismo radicato e il peso ingombrante della storia tedesca.

Da un lato, c’è chi, come un commentatore della ZEIT, considera la leva obbligatoria o un servizio civile alternativo “semplicemente un dovere civico”, ricordando come le generazioni passate lo abbiano svolto senza troppe lamentele. Altri vedono nella deterrenza l’unica risposta possibile all’aggressività russa, temendo che senza una dimostrazione di forza, la Germania e l’Europa possano diventare facili prede.

Dall’altro lato, le voci critiche sono numerose e argomentate. Molti temono che l’enfasi sulla spesa militare vada a discapito di settori cruciali come l’istruzione, il welfare, la transizione ecologica. “Le spese per l’istruzione sono sostenibili, quelle per gli armamenti solo se si fa effettivamente la guerra,” osservava sagacemente un lettore. C’è poi la preoccupazione per l’impatto sui giovani, che potrebbero vedere un anno della loro vita “perso” o, peggio, essere esposti a rischi incalcolabili. “Dobbiamo davvero tornare a un’epoca in cui i politici che parlano di ‘assumersi responsabilità nel mondo’ intendono semplicemente che i giovani tedeschi dovranno tornare a uccidere?” si chiedeva un altro commento particolarmente amaro.

La questione demografica è un altro nodo cruciale: con una popolazione che invecchia, è realistico pensare di raggiungere l’obiettivo dei 203.000 soldati, anche con una leva “light”? Alcuni esperti, citati indirettamente nei dibattiti online, suggeriscono che la Germania dovrebbe puntare con decisione su tecnologie avanzate, droni e intelligenza artificiale, che richiedono meno personale ma altamente specializzato, piuttosto che su numeri di coscritti.

E poi c’è il pacifismo, profondamente radicato in una parte della società tedesca, memore degli orrori del XX secolo. “Non fabbricate armi, non sostenete guerre e allora non serviranno soldati. Non vogliamo CRIMINALITÀ!” è il grido di una madre preoccupata, che riecheggia un sentimento diffuso.

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Il Futuro Incerto della Difesa Tedesca

La Germania si trova a un bivio. Le parole di Boris Pistorius, la discussione sul “modello svedese” per la leva obbligatoria, le controverse campagne di reclutamento: tutto converge verso un punto di svolta. Le decisioni che verranno prese nei prossimi mesi e anni non riguarderanno solo l’assetto futuro della Bundeswehr, ma toccheranno l’identità stessa della Germania post-bellica, il suo ruolo in Europa e nel mondo, e il delicato equilibrio tra le esigenze di sicurezza e i valori di una società democratica e pluralista.

Il fantasma della leva obbligatoria, che sembrava ormai consegnato al passato, è tornato a farsi sentire con prepotenza. Se e come la Germania riuscirà a coniugare la necessità di una difesa credibile con le aspirazioni e le paure dei suoi cittadini, specialmente dei più giovani, è la grande incognita. Una cosa è certa: il dibattito è appena iniziato, e le sue conclusioni plasmeranno il futuro del Paese per i decenni a venire. E l’Europa, attenta, osserva.


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