“Qualsiasi sciocco può parlare di armi, ma la diplomazia è la vera arte.” Queste parole, pronunciate da Ralf Stegner, veterano della SPD, non sono un sussurro, ma una dichiarazione di fuoco nel cuore del dibattito politico tedesco. Difende un documento che ha scosso le fondamenta della Zeitenwende, la “svolta epocale” con cui la Germania ha risposto all’invasione russa dell’Ucraina.
In un paese che sembrava unito nel riarmo e nel sostegno a Kiev, oltre cento socialdemocratici hanno osato rompere il fronte con un Manifesto SPD per la pace con la Russia. Questo testo evoca fantasmi e speranze della Ostpolitik di Willy Brandt, infiammando gli animi e spaccando il partito del Cancelliere Scholz. È un coraggioso appello alla ragione o un atto di ingenuità che fa il gioco del Cremlino? La risposta, come sempre, è una storia complessa.

Un Sussurro dal Passato: Cosa Chiede il Manifesto che Sfida Scholz
Il documento, intitolato “Garantire la pace in Europa attraverso capacità di difesa, controllo degli armamenti e dialogo”, è ben più di un pamphlet. Tra i suoi firmatari figurano nomi storici come l’ex capogruppo Rolf Mützenich, l’ex presidente Norbert Walter-Borjans, e l’ex ministro Hans Eichel. Non è una fronda marginale, ma la coscienza storica di un partito che si è sempre definito Friedenspartei, il partito della pace.
Il loro messaggio è una critica frontale alla logica dominante a Berlino. Il manifesto denuncia una “follia” del riarmo, una corsa a spendere “centinaia di miliardi di euro” che rischia di creare insicurezza anziché garantirla. Contesta apertamente l’idea di fissare obiettivi di spesa militare “irrazionali” (3,5% o 5% del PIL), sottraendo risorse vitali alla lotta alla povertà, alla crisi climatica e al welfare.
Ma il cuore del testo è l’appello a non considerare la diplomazia una debolezza. I firmatari chiedono di integrare la capacità di difesa con una politica attiva di controllo degli armamenti e di dialogo. Soprattutto, guardano al “dopo”: preparare il terreno per quando le armi taceranno, tentando il “difficilissimo” percorso per ricostruire un’architettura di sicurezza europea che includa anche la Russia. È l’eco potente della politica di Willy Brandt ed Egon Bahr, che negoziarono con l’Unione Sovietica convinti che la sicurezza potesse essere solo “comune”.

I Fantasmi del Passato: L’Eredità Pesante della Ostpolitik di Willy Brandt
Per comprendere il manifesto, bisogna tornare agli anni ’70, quando Brandt lanciò la Ostpolitik: una politica di apertura e dialogo verso l’Est comunista. Basata sul motto “Wandel durch Annäherung” (cambiamento attraverso l’avvicinamento), Brandt e Bahr erano convinti che la pace in Europa non potesse essere costruita contro Mosca, ma solo con Mosca, anche con regimi ostili. Quella politica, all’epoca contestata, portò a trattati storici, allentò le tensioni e pose le basi per la caduta del Muro di Berlino.
Questo DNA è ancora profondamente radicato nella SPD. Quando Stegner e Mützenich parlano di dialogo e sicurezza comune, attingono all’eredità più sacra del loro partito. Il problema, secondo i critici, è che il mondo è cambiato. La Russia di Putin, aggressiva e revisionista, non è l’Unione Sovietica “satura” di Breznev. Usare la mappa della Ostpolitik per navigare la realtà del 2025, dicono, è un errore fatale.

“La Diplomazia è la Vera Arte”: La Difesa Appassionata di Ralf Stegner
Ralf Stegner, pur avendo votato a favore del fondo speciale da 100 miliardi per la Bundeswehr, spiega che il riarmo non può essere l’unica via. “Mi chiedo perché certa gente creda che nel mondo ci siano troppo poche armi”, afferma con ironia. La sua argomentazione è pragmatica: spendere miliardi in armi per poi spenderne altrettanti per ricostruire ciò che quelle armi hanno distrutto è un circolo vizioso.
La vera intelligenza politica, secondo lui, sta nel cercare altre strade. Cita la crisi dei missili di Cuba, dove Kennedy scelse il dialogo segreto con Chruščëv, e ricorda ancora Brandt e Bahr che negoziarono con Breznev, “che di certo non era un democratico”. Per Stegner, la diplomazia si fa con i nemici, non con gli amici, e significa avere la lucidità di mettersi nei panni dell’altro per trovare una via d’uscita. Non si tratta di arrendersi, ma di usare l’intelligenza strategica. Infine, Stegner ricorda il debito storico della Germania, che impose milioni di morti all’Unione Sovietica, imponendo di non chiudere mai del tutto la porta del dialogo con il popolo russo.

Muro del Rifiuto: “Negazione della Realtà” e “Degrado da Benessere”
La reazione al manifesto è stata brutale, soprattutto dall’interno dello stesso partito. Il Ministro della Difesa, Boris Pistorius, ha liquidato il documento come una pura “negazione della realtà”, accusando i firmatari di abusare del legittimo desiderio di pace.
Ancora più sferzante è stato Michael Roth, ex presidente della commissione Esteri, che ha definito il manifesto una “piagnucolosa melange di presunzione, distorsione storica e intellettuale degrado da benessere”. È un’accusa pesantissima: parlare da una comoda poltrona, lontani dal sangue dei campi di battaglia ucraini. La leadership del partito è rimasta in un silenzio assordante, chiaro segnale di imbarazzo. Altri si sono detti “sconcertati” dall’idea di una “cooperazione con un criminale di guerra”. Il fronte della Zeitenwende ha risposto con compattezza, isolando i firmatari e dipingendoli come sognatori fuori dal tempo.

L’Abbraccio Indesiderato: il Bacio della Morte di AfD e BSW
A complicare ulteriormente la posizione dei promotori del manifesto è arrivato quello che in politica tedesca viene chiamato Beifall von der falschen Seite: l’applauso dalla parte sbagliata. Quasi istantaneamente, sia l’estrema destra di Alternative für Deutschland (AfD) sia il nuovo partito di sinistra populista Bündnis Sahra Wagenknecht (BSW) si sono precipitati a lodare l’iniziativa.
Sahra Wagenknecht ha offerto pubblicamente una “collaborazione senza riserve”, affermando che tutte le forze contrarie al “corso guerrafondaio” dovrebbero unirsi. Questo sostegno è un’arma letale nelle mani dei critici. Permette loro di inquadrare il Manifesto SPD per la pace con la Russia non come una legittima posizione interna, ma come l’anello di congiunzione di un fronte eterogeneo di estremisti, populisti e filo-russi. È una tattica politica spietata ma efficace, che isola Stegner e gli altri, etichettandoli come compagni di strada di forze anti-sistema e rendendo impossibile un dibattito sereno nel merito.

Una Prospettiva Diversa: “La Critica non è Tradimento”
In questo coro di accuse, una voce si è distinta per la sua lucidità. In un editoriale sulla taz, il giornalista Stefan Reinecke ha proposto una lettura diversa: “Kritik ist kein Verrat“, la critica non è tradimento. Pur riconoscendo le ingenuità del manifesto, Reinecke mette in guardia contro la “tossicità” di un dibattito in cui chiunque esca dal coro viene bollato come “quinta colonna di Mosca”.
Questo, sostiene, restringe pericolosamente lo spazio del pensiero critico. Il manifesto, con tutti i suoi difetti, ha il merito di porre una domanda fondamentale: cosa viene dopo il riarmo? Una spirale di spesa militare infinita non può essere un obiettivo in sé. Un’Europa irta di armi non è necessariamente più sicura. L’appello a non dimenticare la diplomazia, a pensare a una struttura di sicurezza a lungo termine, merita di essere discusso, non liquidato con insulti. Il documento agisce come una sonda, illuminando i punti ciechi di un discorso pubblico dominato da un “nuovo orgoglio tedesco” per la potenza militare, un orgoglio che rischia di diventare pensiero unico.

A un Bivio per la Germania e per l’Europa
Il Manifesto SPD per la pace con la Russia è molto più di una faida interna a un partito. È il sintomo di una profonda frattura nell’anima della Germania e, per estensione, dell’Europa. Mette in scena lo scontro tra l’identità storica di una nazione, costruita sulle ceneri della Seconda Guerra Mondiale e sulla promessa del “mai più”, e le dure esigenze di un presente segnato dal ritorno della guerra di conquista.
Verrà ricordato come l’ultimo, anacronistico sussulto di un’era pacifista ormai tramontata, o come il primo, timido tentativo di immaginare un futuro che non sia solo una versione aggiornata della Guerra Fredda? La sfida lanciata da Stegner, Mützenich e dagli altri firmatari ci costringe a guardare oltre l’emergenza quotidiana. Ci chiede di non sacrificare la complessità della diplomazia sull’altare di una semplicistica logica muscolare.
La vera arte, forse, non sta nel scegliere tra armi e dialogo, ma nel trovare il coraggio e la saggezza di tenerli insieme, anche quando sembra impossibile. La Germania, e con essa l’Europa, si trova a un bivio. La strada che sceglierà di percorrere definirà la pace e la sicurezza delle prossime generazioni.