heiner flassbeck
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La Competitività: Un Concerto Sbagliato Eseguito in Solitaria

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Gli Squilibri: Non Dipendono dalla Nostra “Volontà”

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Il Dollaro e la Svalutazione Ineludibile

Un punto nevralgico dell’analisi di Flassbeck è il ruolo del dollaro statunitense e il suo impatto sugli enormi disavanzi commerciali americani. La teoria economica suggerirebbe che un paese con un persistente e massiccio disavanzo commerciale dovrebbe vedere la sua valuta svalutarsi, rendendo le sue esportazioni più economiche e le importazioni più costose, favorendo così un riequilibrio. Tuttavia, il dollaro gode dello status di principale valuta di riserva mondiale, costantemente richiesto a livello globale, il che sembra impedirne una svalutazione significativa.

L’intervistatore pone la domanda cruciale: forse gli Stati Uniti devono semplicemente accettare questo disavanzo come “prezzo” per avere il dollaro come valuta di riserva globale?

Flassbeck respinge con forza questa tesi. “No, non la vedo affatto così.” L’idea che il mondo detenga dollari semplicemente perché “vuole” farlo è fuorviante. Prendiamo l’esempio della Cina: detiene un’enorme quantità di dollari non per libera scelta di investimento, ma perché ha “sistematicamente indebolito la sua valuta rispetto al dollaro per oltre 30 anni”. Per mantenere il yuan sottovalutato e spingere le esportazioni, la Banca Popolare Cinese ha dovuto acquistare enormi quantità di dollari, che poi sono stati investiti in titoli di stato USA. Lo stesso meccanismo, su scala diversa, è utilizzato dalla Banca Nazionale Svizzera per evitare un’eccessiva rivalutazione del franco.

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Quindi, la domanda globale di dollari è in parte una conseguenza delle politiche di altri paesi volte a manipolare i tassi di cambio per ottenere vantaggi competitivi. E Flassbeck è convinto che gli Stati Uniti abbiano il potere di intervenire. “Non c’è niente… niente che impedisca a Trump di dare l’ordine alla Fed di indebolire la valuta americana.” La Federal Reserve, la banca centrale americana, potrebbe essere incaricata di favorire una svalutazione del dollaro.

Secondo le stime di Flassbeck, guardando al tasso di cambio reale effettivo (l’indicatore che meglio riflette la competitività internazionale, tenendo conto delle differenze di inflazione), il dollaro si è rivalutato di circa il 30% negli ultimi dieci anni. Per correggere il disavanzo americano, sarebbe necessaria una svalutazione reale di pari entità. E come si potrebbe ottenere? “Se Trump o il suo Ministro delle Finanze si presentassero e dicessero: ‘Abbiamo bisogno di una svalutazione del 30%’, la otterrebbero domani mattina.” I mercati reagirebbero immediatamente a una dichiarazione politica così chiara e decisa.

Naturalmente, c’è il tema dell’indipendenza della Fed. Ma Flassbeck sottolinea che la Fed è “comunque meno indipendente della Banca Centrale Europea, ad esempio”. E soprattutto, la Fed ha un doppio mandato: stabilità dei prezzi e massimo impiego. Se il Presidente degli Stati Uniti argomentasse in modo convincente che il mantenimento di un alto livello di occupazione richiede una svalutazione, Flassbeck si chiede “cosa mai potrebbe dire la Fed in contrario”.

L’alternativa ai dazi di Trump, che Flassbeck giudica “insensati” e dannosi, sarebbe stata proprio questa: un intervento mirato per svalutare il dollaro.

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La Germania: Il “Più Grande Peccatore” degli Avanzi

Tornando prepotentemente alla Germania, Flassbeck non usa metafore. “La Germania è il più grande peccatore in termini di avanzi… nel commercio estero in tutto il mondo.” Escludendo paesi con economie basate sull’export di materie prime, come l’Arabia Saudita, la Germania detiene il primato globale per l’entità dei suoi avanzi delle partite correnti. Persino l’avanzo del Giappone, pur significativo, è inferiore a quello tedesco.

Questo avanzo tedesco “esorbitante”, secondo Flassbeck, non è un caso. È il risultato di politiche deliberate, la più importante delle quali è stata quella di impedire che i salari crescessero in linea con la produttività. Politiche che hanno danneggiato gli altri paesi. “Stiamo togliendo domanda agli americani… danneggiando la produzione negli USA.” In altre parole, abbiamo “rubato” posti di lavoro ad altri paesi attraverso i nostri avanzi commerciali.

E l’aspetto più sconcertante, per Flassbeck, è che la Germania persista su questa strada, ignorando persino le regole stabilite a livello europeo. “Nei trattati europei è scritto chiaramente: nessuno dovrebbe avere elevati avanzi delle partite correnti in modo permanente, comunque non oltre il 4% circa.” La Germania supera costantemente questa soglia, eppure “nessuno dice niente”. Fino all’arrivo di Donald Trump che, con il suo stile sgarbato ma efficace nel sollevare questioni scomode, ha detto: “I tedeschi violano tutte le regole della ragione.” E su questo punto, ribadisce Flassbeck, “ha assolutamente ragione.”

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Oltre il Semplice “Voglio”: Saldi Finanziari e Debito Pubblico

Per capire veramente gli squilibri, è necessario andare oltre la semplice bilancia commerciale. Flassbeck introduce il concetto dei saldi finanziari settoriali di un’economia nazionale. Il saldo delle partite correnti di un paese è la somma algebrica dei saldi finanziari di tre settori: il settore privato (famiglie e imprese), il settore pubblico (lo Stato) e il settore estero.

“Questi saldi finanziari ci mostrano anche che un paese come gli USA, che ha un disavanzo delle partite correnti dell’ordine del 4% del PIL…” Se gli Stati Uniti hanno un disavanzo delle partite correnti del 4%, e se il settore privato americano nel complesso ha un avanzo (risparmia più di quanto investe), allora necessariamente il settore pubblico, lo Stato, deve avere un disavanzo sufficiente a coprire sia l’avanzo del privato che il disavanzo estero. In termini più diretti: se le famiglie e le imprese americane risparmiano e il paese nel suo complesso importa molto più di quanto esporti, il governo USA deve indebitarsi per mantenere l’economia in funzione.

Al contrario, la Germania ha enormi avanzi. Questo significa che, se il settore privato è in avanzo, lo Stato può permettersi di avere un disavanzo ridotto o addirittura un avanzo senza che l’economia collassi. “La Germania ha un debito pubblico così basso solo perché ha avuto questo enorme avanzo delle partite correnti.” Il nostro “risparmio” è, in realtà, l’indebitamento degli altri nei nostri confronti. “In un certo senso, l’estero si è indebitato per noi, e gli americani fanno parte di quell’estero che si è indebitato per noi.”

È un circolo vizioso perverso: i paesi in avanzo sottraggono domanda ai paesi in disavanzo, costringendo questi ultimi (se vogliono evitare un aumento della disoccupazione) a maggiori deficit pubblici. E poi, i paesi in avanzo criticano il debito eccessivo dei paesi in disavanzo! Flassbeck riassume la situazione con un’ironia tagliente: Trump “potrebbe anche dire: ‘Voi, strani laggiù, state consolidando i vostri bilanci a mie spese’.” E anche su questo punto, dice Flassbeck, “avrebbe ragione.”

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La Speranza nella Cooperazione e la Scomoda Verità Tedesca

Nonostante il quadro dipinto da Flassbeck sia a tratti desolante, segnato da squilibri radicati e incomprensioni profonde, l’economista intravede una via d’uscita, una possibilità di cambiamento. Menziona la recente dichiarazione del Segretario al Tesoro USA, Scott Bessent, che ha parlato della necessità di una “riorganizzazione dei sistemi finanziari e commerciali globali” nei prossimi anni, paragonabile per portata a Bretton Woods. Flassbeck accoglie questa prospettiva con favore, definendola un “enorme progresso”.

Tuttavia, perché questa riorganizzazione abbia successo, deve basarsi sulla cooperazione internazionale, non sullo scontro o sui dazi unilaterali, che Flassbeck considera inefficaci e dannosi. È necessario un accordo globale, simile a quello che portò alla creazione del sistema di Bretton Woods dopo la Seconda Guerra Mondiale, che stabilisca regole chiare per la gestione dei tassi di cambio e per la correzione degli squilibri. Un sistema in cui i paesi in disavanzo si impegnino a svalutare e quelli in avanzo a rivalutare la propria valuta, in modo coordinato.

Flassbeck si mostra moderatamente ottimista sulla possibilità che anche la Cina possa essere interessata a un tale accordo. I cinesi stessi non hanno interesse a subire continue pressioni sulla loro valuta e tensioni commerciali con gli Stati Uniti. Un sistema globale meglio organizzato porterebbe benefici a tutti.

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Ma c’è un punto cruciale e scomodo, soprattutto per la Germania. In un sistema monetario e commerciale globale equo e ben funzionante, basato sulla cooperazione e sulla correzione degli squilibri, “il meraviglioso ruolo speciale della Germania con i suoi avanzi, semplicemente, non esisterebbe più.” La Germania dovrebbe abbandonare il suo status di “campione mondiale degli avanzi commerciali”. Dovrebbe imparare a prosperare “crescendo da sola”, puntando sulla forza della propria domanda interna piuttosto che sull’export alimentato da avanzi a spese degli altri.

Questo implicherebbe un cambiamento radicale di mentalità, un superamento del dogma della competitività come fine ultimo e una presa di coscienza delle responsabilità che derivano dall’essere parte di un’economia globale interconnessa. Sarebbe un passo avanti verso una maggiore maturità economica e politica, non solo per la Germania, ma per l’intero sistema.

L’analisi di Heiner Flassbeck è un invito a guardare oltre le semplificazioni e a riconoscere la complessità degli squilibri economici globali. È un promemoria che l’economia non è una scienza esatta avulsa dal contesto politico e sociale, ma un sistema dinamico influenzato da scelte strategiche e, a volte, da miopie nazionali. Ignorare gli avanzi e i disavanzi persistenti, o peggio, considerarli un segno di forza unilaterale, non solo genera attriti internazionali, ma impedisce anche di costruire un sistema globale più stabile e prospero per tutti. E, ironia della sorte, a volte ci vuole la voce più inaspettata – o l’analisi più controcorrente – per ricordarcelo.

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