C’è stato un sussulto, quasi un miracolo, nel cuore dell’establishment tedesco. Immaginate la scena: lo Handelsblatt, la bibbia laica dell’economia teutonica, ha finalmente ammesso una verità scomoda, una verità che l’economista ed ex Segretario di Stato alle Finanze, Heiner Flassbeck, grida da vent’anni nel deserto. I giganteschi surplus commerciali della Germania, a lungo sventolati come una medaglia al valore, non sono un vanto. Sono un problema.
Questa crepa nel muro del dogma è più di una semplice notizia. È l’inizio di una conversazione che non possiamo più rimandare, una critica al modello economico tedesco che va al cuore della stagnazione europea e delle difficoltà italiane. Flassbeck ci prende per mano e ci mostra come il motore della locomotiva d’Europa non solo abbia perso potenza, ma stia attivamente deragliando l’intero convoglio. La sua analisi è un pugno nello stomaco, una sveglia brutale che ci costringe a guardare la realtà: il “modello tedesco” non è la cura. È la malattia. E per salvare l’Europa, la Germania deve fare l’impensabile: smettere di essere “tedesca”.

La Malattia Nascosta: l’Orgia del Risparmio e il Patto Tradito
Per capire il dramma, dobbiamo partire da un’abitudine che in Germania è considerata una virtù cardinale, ma che Flassbeck descrive con un’immagine potentissima: una “Sparorgie”, un’orgia del risparmio. Non si tratta di una prudente parsimonia, ma di una patologia sistemica che ha contagiato ogni angolo dell’economia.
In Germania, infatti, tutti risparmiano.
Le imprese, sedute su montagne di liquidità, hanno smesso di fare il loro mestiere: investire. Invece di scommettere sul futuro, accumulano riserve. Le famiglie, per cultura e per la stagnazione dei redditi, frenano i consumi. E infine lo Stato, che per un decennio ha inseguito il feticcio politico della “Schwarze Null”, il pareggio di bilancio, lasciando degradare le infrastrutture pur di non fare debiti.
Ma se un intero paese – imprese, famiglie e Stato – decide di risparmiare contemporaneamente, la domanda interna crolla. L’economia dovrebbe implodere. Come ha fatto, allora, la Germania a crescere? E qui Flassbeck svela l’inganno, il peccato originale che ha viziato la moneta unica fin dall’inizio. La causa politica va cercata nella famigerata “Agenda 2010” del governo Schröder. All’alba dell’euro, fu stretto un patto non scritto: per crescere insieme, tutti i paesi avrebbero dovuto allineare la crescita dei salari all’obiettivo comune di inflazione.
La Germania fece il contrario. Con una mossa calcolata, lanciò una politica di brutale moderazione salariale. I salari tedeschi crebbero molto meno dell’inflazione e della produttività, una forma di dumping sociale interno all’Eurozona. Flassbeck non usa mezzi termini e la definisce una “glatte Lüge”, una palese menzogna. Le merci tedesche diventarono artificialmente più competitive, distruggendo la base manifatturiera dei paesi vicini e creando quell’enorme avanzo commerciale che oggi si scopre essere un veleno. Il surplus tedesco, quindi, non è un miracolo di efficienza, ma il risultato di un patto tradito, costruito scientificamente sulle difficoltà e sui deficit dei suoi partner europei.

La Fredda Logica della Cura: Perché lo Stato DEVE Spendere
Qui l’analisi di Flassbeck si fa spietatamente logica. Ci ricorda una legge fondamentale dell’economia: la somma dei saldi di tutti i settori (privato, pubblico ed estero) deve sempre dare zero.
Tradotto in parole semplici: se il settore privato (imprese e famiglie) risparmia più di quanto investe (saldo positivo), e se il paese ha un surplus con l’estero (saldo positivo), è matematicamente impossibile che anche lo Stato sia in attivo. Per evitare il collasso totale della domanda, qualcuno deve spendere più di quanto incassa. E se i privati non lo fanno, può essere solo uno: lo Stato.

Lo Stato, attraverso la spesa in deficit, non è un peccatore, ma il salvatore di ultima istanza. È l’attore che re-immette nel sistema il denaro che i privati hanno deciso di tesaurizzare. Lo abbiamo visto plasticamente durante le grandi crisi: nella tempesta finanziaria del 2008 e durante la pandemia. Quando i privati, terrorizzati, hanno tagliato ogni spesa, solo l’intervento massiccio degli Stati ha impedito una depressione globale. Gli Stati Uniti lo hanno capito, inondando l’economia di stimoli fiscali e ottenendo una ripresa robusta, mentre l’Europa, impastoiata nei suoi dogmi, arrancava.
Se questa è la logica, la cura non può che essere radicale, l’esatto contrario di ciò che ha causato la malattia:
- Aumentare i Salari in Germania, subito. È l’unico modo per curare il peccato originale, alimentare una robusta domanda interna e ridurre la dipendenza patologica dall’export.
- Liberare lo Stato dalla Gabbia dell’Austerità. Lo Stato tedesco, e tutti gli Stati europei, devono avere la libertà di usare la spesa pubblica per sostenere la crescita quando il settore privato si ritira.

Il Vero Nemico: la Gabbia del Patto di Stabilità
Ed è questo il punto politico cruciale. La cura esiste, è logica, ma si scontra con un muro invalicabile. Si chiama Patto di Stabilità e Crescita. Quel “Patto”, che Flassbeck definisce un “errore cardinale”, fu inserito nei trattati proprio su insistenza della Germania. Oggi, quella stessa gabbia di regole rigide e pro-cicliche è il principale ostacolo alla ripresa dell’intero continente.
La Banca Centrale Europea ha fatto tutto ciò che poteva, ma la politica monetaria, da sola, è come spingere una corda. L’unica leva rimasta è la politica fiscale, la spesa degli Stati. Ma il Patto di Stabilità la tiene incatenata, trasformando una necessità economica in un tabù politico.
Credere di poter uscire dalla palude con un po’ di deregolamentazione o con l’ennesima “unione dei mercati” è, secondo Flassbeck, semplicemente ingenuo. La soluzione può essere solo una: un grande e coordinato stimolo della domanda guidato dalla spesa pubblica.

Una Scelta per la Germania, un Destino per l’Europa
La critica al modello economico tedesco portata avanti da Heiner Flassbeck non è un semplice esercizio accademico. È un appello alla responsabilità storica. Oggi, la Germania stessa è la prima vittima del suo modello, con un’economia stagnante e un futuro incerto.
Se vuole davvero salvarsi e salvare il progetto europeo, Berlino deve guidare il cambiamento che ha sempre osteggiato. Deve essere la prima a promuovere lo smantellamento del Patto di Stabilità, liberando non solo sé stessa ma l’intera Europa. Non si tratta più di “aiutare” i partner in difficoltà, ma di riconoscere che la prosperità può essere solo condivisa.
La Germania ha di fronte un bivio: può continuare a difendere un modello fallimentare, trascinando l’intera Europa nella stagnazione, oppure può riconoscere i suoi errori e guidare il continente verso un nuovo paradigma di crescita. Il futuro dell’Unione Europea dipende, in larga parte, da questa scelta.